dì
Significato di dì.
sostantivo maschile
Giorno; usato com. nelle date: a dì (o addì) 15 maggio.
Lat. diem .
preposizione- Una delle preposizioni fondamentali, simbolo del caso genitivo; è suscettibile di elisione davanti a vocale ( una notte d'inverno ; un pezzo d'artiglieria ) e in unione con l'articolo determinativo forma le preposizioni articolate del, dello, della, dei, degli, delle, valide anche come articoli partitivi.
- Valore originario della preposizione è quello di ‘distacco’, che tuttora traspare in costrutti correlativi come di male in peggio, di bene in meglio, di città in città, di giorno in giorno . Analogamente si spiegano alcuni complementi di moto da luogo ( uscì di casa alle due ; vai via di qui! ) o anche, più raramente, di moto attraverso luogo ( passiamo di qui, di là ) e altri costrutti desueti più o meno direttamente riconducibili al complemento di allontanamento o separazione, come l'uso di far precedere dalla preposizione il luogo donde parte una lettera (per es. di Torino, 27 ottobre 1785 ) o la frase trarsi (‘astenersi’) di parlare ; mentre è generalmente noto ed evidente il complemento di privazione ( un ambiente privo d'aria ).
- Nei significati precedentemente illustrati la preposizione di si può allineare a da soprattutto in quanto il ‘distacco’ sembra concluso e irreversibile, mentre i valori attuali oscillano tra quello di ‘derivazione’ e quelli addirittura di ‘pertinenza’, ‘appartenenza’, ‘spettanza'. Abbiamo così: il complemento di origine o provenienza ( un uomo di umili natali ; era originario di Molfetta ; è figlia di un esattore delle imposte ), spesso con l'indicazione del padre ( Giovanni di Gherardo, Carlo di Duccio ), sì che il ‘cognome’, oltre che in tal modo può risultare dal ‘genitivo’ del nome paterno ( Gherardi, Ducci ) o presentare il ‘De’ alla latina ( De Luigi, De Matteis ); il complemento di denominazione ( l'isola d'Elba, la città di Londra ); un compromesso tra un valore appositivo (Son Vanni Fucci bestia, Dante) e il complemento di denominazione, con un risultato non dissimile dall'antonomasia, si ha in particolari espressioni enfatiche ( quel grand'uomo di Napoleone ) o accentuatamente risentite ( quella bestia di tuo cugino ); il complemento di argomento ( un libro di storia ; un trattato di chimica ; di che cosa hai parlato tutto il pomeriggio? ), che ritroviamo, tale e quale, in titoli di opere o di loro parti ( Dei doveri degli uomini, Della tolleranza ).
- I valori di ‘pertinenza’, ‘appartenenza’, ‘spettanza’ sono generalmente segnalati nel complemento di specificazione, che fornisce gli esempi tipici dell'uso della preposizione: il tramonto del sole; i lacci delle scarpe; la zia di Pietro; il signor Mannelli è della Polizia Criminale; un affresco di Raffaello; il romanzo del Manzoni. In dipendenza da sostantivi di significato verbale, la specificazione può essere soggettiva (l'amore di una madre è insostituibile per il bambino: ‘la madre ama il bambino’) oppure oggettiva (l'amore dello sport gli dette molte soddisfazioni: ‘egli amava lo sport’). Nel linguaggio comune, quando la preposizione di indica l'autore di un'opera, può essere omessa (ho visto un bel [quadro di] Manet; studiavano il Colletta [la “Storia” del Colletta]; il “Prontuario” Migliorini-Duro). Talvolta, l'omissione ha luogo anche in espressioni del linguaggio tecnico e burocratico: per es. scalo merci, cartolina precetto, Ufficio pensioni, la Legge Fortuna. Nell'uso antico, dopo ‘casa’, quand'era indicata la persona che vi abitava, l'omissione era di prammatica: entrare in casa Calandrino (Boccaccio); in casa la Narducci (Leopardi). Anche oggi si dice per es. in casa Rossi, ma intendiamo riferirci soprattutto alla famiglia, al suo ambiente o alle sue abitudini.
- Prossimi al complemento di specificazione sono i complementi di abbondanza ( un uomo pieno di quattrini ), di limitazione ( nella scuola erano quasi tutti malati d'influenza ), di età ( un ragazzo di tredici anni ), di peso o misura ( un pollo di due chili e mezzo ; una superstrada di 65 km ), di stima o prezzo ( un oggetto di enorme valore ). Altrettanto può dirsi del complemento di qualità ( una donna di buon cuore ) e del complemento di materia ( un anello d'oro ; una collana di perle ; una spada di legno ; anticamente poteva aversi la preposizione articolata: le imagini della cera, Boccaccio). Nell'espressione manzoniana col suo pugnale del manico bello non ci sembra che del sia senz'altro sostituibile con dal e che del manico bello sia analizzabile come complemento di qualità: si approssima piuttosto a un complemento di specificazione vero e proprio, cui si accompagna l'idea gioiosa e gratificante della proprietà ( suo ) e la possibilità che esistano altri coltelli fra i quali il personaggio abbia operato una scelta.
- Quando la preposizione di è preceduta da un aggettivo numerale cardinale o da un pronome indefinito, abbiamo il complemento partitivo : cinque di costoro non erano d'accordo; parecchi di voi non ritorneranno; c'è qualcosa di strano? Quando i costrutti correlativi nominati all'inizio sono formulati mediante aggettivi numerali cardinali si ha il complemento distributivo.
di venti in venti
di tre in tre
- La preposizione entra nella costruzione tipica del superlativo relativo ( il più intelligente di tutti voi ) e in quelle espressioni di origine biblica che denotano il grado superlativo con la ripetizione di un termine ( il servo dei servi di Dio ; o Re dei re tradito Da un tuo fedel, Manzoni). Per quanto riguarda la comparazione, di sostituisce che nei casi in cui il confronto ha luogo tra persone, animali o cose ( Luigi è più intelligente di Carlo ; il gatto è più furbo del cane ; la birra è meno alcolica del vino ); tale sostituzione invece è impossibile nel caso di rapporto tra verbi: è più facile cadere che rialzarsi e non: è più facile cadere di rialzarsi, ritornando lecita soltanto quando l'infinito ha forma sostantivata.
il cadere è più facile del rialzarsi
- Riscontriamo altri valori come segnali di complementi indiretti che determinano il predicato (provvisto o no di complemento diretto): complemento di modo o maniera : il treno si fermò di botto; si era alzato di cattivo umore; rideva proprio di gusto; complemento di causa : morire di fame, di rabbia, di spavento; complemento di fine o scopo : truppe d'assalto; mettersi di vedetta; non mi fu di alcun aiuto; complemento di mezzo o strumento : lavorare di braccia; nuotare di gambe; battere di mazza; complemento di colpa : lo accusarono di tradimento, di spionaggio; incriminare di furto, di rapina; complemento di pena.
fu multato di centoventi euro
- Al complemento di tempo la preposizione di conferisce generalmente il senso della ‘durata’ ( la Guerra dei Trent'anni = che durò trent'anni; di notte, cioè ‘quando è notte, fintanto che è notte’, talvolta con una sfumatura modale: non amo guidare di notte; e così: uscire di sera, di mattina, di pomeriggio).
- Una sfumatura modale è anche nelle espressioni darsi del tu, del lei, del voi, nel cui uso ( diamoci del tu una buona volta! ; gli dette del ladro ) il termine introdotto dalla preposizione è analizzabile come complemento predicativo.
- Di si avvicina all'articolo quando introduce gli infiniti di proposizioni implicite, soggettive od oggettive ( è vietato di fumare ; è permesso di entrare? ; pensava di liberarsene facilmente ), acquistando nel contempo una funzione puramente pleonastica, come ancor più chiaramente appare nelle proposizioni dir di sì, dir di no, in cui sì e no equivalgono a un ipotetico verbo all'infinito.
- Di entra infine come elemento necessario alla formazione di locuzioni prepositive, come prima di [me], dopo di [voi], sotto di [me], sopra di [voi], per mezzo di [un verricello], invece di [lui], a guisa di [cera] . Come elemento facoltativo si premette ad avverbi senza mutare la loro natura: andar [di] sopra, scendere [di] sotto. Seguito da alcuni aggettivi o sostantivi forma avverbi di modo (di nascosto, di striscio) o di tempo (di nuovo, di recente). Rare le locuzioni congiuntive.
di modo che
di guisa che
Lat. de .
Prefisso verbale che indica ‘discesa’ ( discendere ), ‘privazione’ ( diboscare ), ‘intensità’ ( divorare ).
Lat. de- .
sostantivo maschile o femminile
Nome della quarta lettera dell'alfabeto italiano e del segno che la rappresenta ( d, D ).
Prefisso di composti, derivati dal greco o formati modernamente, col sign. di ‘doppio, due volte’ ( diptero, dimetro ).
Dal gr. di-, dís ‘due volte'.
transitivo- Pronunciare, proferire, articolare con la voce (anche + a ): d. una frase, un nome; non mi ha detto una parola; “Ciao a tutti” disse.
- Affermare, dichiarare, sostenere (anche + a ): d. la verità; mi hai detto solo bugie; + che e ind. o cond.: il giornale dice che la vittima è stata strangolata; dico che sarebbe un errore; + di e inf.
ha detto di essere malato
- Esporre, spiegare, illustrare (anche + a ): dimmi la tua opinione; + su : ho detto tutto su questo argomento; con prop. interr. indir.
dicci perché sei partito
- Riferire, far sapere (anche + a ): l'ho detto a tutti; + a e + che e ind. o + di e inf.: voglio dirti che ho ricevuto la tua lettera; non d. a nessuno di avere visto l'assassino; con prop. interr. indir.
dimmi quando sarà la festa
- Dare come giudizio, pensare (anche + di ): che dici di quest'affare?; + che e ind. o cond.
di lui dicono che è un atleta promettente
che potrebbe vincere
- Intimare, ordinare (+ di e inf., anche + a ): digli di andarsene; + che e ind., anche + a : ho detto (ai ragazzi) che devono studiare.
- Esprimere in una data lingua; tradurre (anche + in ).
in inglese cane si dice “dog”
- Essere significativo: non vuol d., non importa.
- Giudicare, ritenere (+ compl. predicativo dell'ogg.).
tutti lo dicono un pazzo
lo si direbbe un atto terroristico
- Attestare, dimostrare (anche + a ): questo successo dice a tutti il suo talento; con prop. interr. indir.: questo ti dice quanto sia sciocco; + che e ind.
questo ci dice che siamo stati presuntuosi
- Essere grammaticalmente corretto.
non si dice “ma però”
- Con uso impers., essere raccontato in giro, sembrare (+ che e cong.).
si dice che sia colluso con la mafia
- Nella forma dirsela, intendersela (+ con ).
se la dice con la segretaria
- Ridire, obiettare (anche + su ).
hai qualcosa da d. su di me?
trova da d. su tutto
intransitivo
parlare (anche + di ): lascialo d.; si fa per d.; si fa presto a d.; d. bene, male di qualcuno.
transitivo pronominale- Pensare, considerare tra sé (+ che e ind. o + di e inf.).
mi sono detto che era una follia
mi dicevo di essere stato imprudente
- Affermare di essere in una condizione, dichiararsi (+ compl. predicativo del sogg.).
si è detto lusingato del vostro benvenuto
sostantivo maschile
ciò che viene espresso: a suo d., a suo parere.
Lat. dicĕre •inizio sec. XIII.
Informazioni su dì.
- Lingue in cui dì è usato:
(clicca sul pulsante per ascoltare la sua pronuncia)
Rottura di sillaba di dì in sillabe
dì
- Consiste di 1 sillabe e 2 lettere.
- dì è una parola monosillabico, poiché ha sillaba singola.
Sinonimi per dì
Con il significato di giorno:
Anagrammi di dì
Parole che fanno rima con dì.
cadì, addì, Soddì, maledì, mercoledì, benedì, lunedì, martedì, giovedì, mághdì, disubbidì, oggidì, mezzodì, venerdì, interdì